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Le sezioni | Officina dei Papiri Ercolanesi
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Logo Officina dei Papiri

Officina dei Papiri Ercolanesi "Marcello Gigante"
responsabile: Agnese Travaglione

Indirizzo di posta eletrronica [email protected]
Recapiti telefonici 081-7819-256 (direzione); 081-7819-257/377

Sede

Secondo piano

Orari di apertura

lunedi - venerdì ore 9,00 - 13,30; sabato chiusa

Cataloghi

- Catalogo dei papiri
- Catalogo per autori della raccolta libraria

Tipologia dei servizi

- Consultazione: papiri e disegni dei papiri ercolanesi; documenti dell'Archivio storico dell'Officina dei Papiri Ercolanesi (AOP); raccolta libraria; archivi informatici
-
Prestito limitato ad alcuni settori della raccolta libraria e per un periodo limitato
-
Autorizzazioni a riprodurre per fotocopie - limitatamente alla raccolta libraria - fotografie e microfilm
-
Informazioni bibliografiche e assistenza al pubblico
-
Visite guidate specialistiche con esposizione di materiale. E' richiesta la prenotazione

Accesso ai servizi

- Nella sezione sono ammessi gli utenti che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, previo accertamento dell'identità. Solo per la raccolta libraria si applicano le norme generali di accesso alla lettura in biblioteca.
- Per le altre raccolte vigono le seguenti disposizioni:
A chi per la prima volta accede allo studio di papiri, disegni, documenti di archivio, è richiesta lettera di presentazione sottoscritta da un docente o da un organismo accademico e culturale con specifica competenza, che attesti la peculiarità degli interessi del richiedente. Per la consultazione dell'AOP si accetta la dichiarazione sottoscritta dallo studioso se questi rientra in una delle categorie previste dal Regolamento interno della BNN al tit. VI art. 22.
- Previa richiesta scritta ed autorizzazione del direttore della BNN o, in sua vece, del responsabile del settore, è possibile la consultazione di una cornice e di una cartella di disegni o documenti per volta, salvo comprovate esigenze di studio. La consultazione è limitata ai papiri svolti e sistemati in cornici.


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L'Officina dei Papiri Ercolanesi

Le origini
Le origini dell'Officina dei Papiri Ercolanesi, oggi sezione della Biblioteca Nazionale di Napoli, si collocano nella seconda metà del secolo XVIII, all'indomani del ritrovamento dei papiri sepolti dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Lo svolgimento dei rotoli carbonizzati, la trascrizione facsimilare e l'incisione delle colonne di scrittura costituiscono l'insieme delle operazioni, preliminari all'edizione dei testi, svolte nell'ambito dell'officina nel settecento e per tutto l'ottocento fino al 1906, rimanendo la lettura e l'illustrazione filologica affidate alle cure degli accademici ercolanesi deputati a tale compito. Perduta la propria autonomia, l'Officina è affidata, nel 1860, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ma il riconoscimento della natura principalmente libraria dei papiri ercolanesi ne determina il trasferimento alle dipendenze della Biblioteca Nazionale di Napoli con L. 392/1910. Pur conservando la propria fisionomia di laboratorio di ricerca riservato ad un pubblico specializzato e ponendo tra i suoi compiti primari la conservazione e tutela del prezioso patrimonio, negli ultimi decenni essa si è andata sempre più inserendo nella vita dell'Istituto come una delle sue sezioni più prestigiose ed ha nel tempo differenziato le proprie attività, al fine di garantire la più larga fruizione possibile delle raccolte possedute. Al momento del passaggio alla BNN furono a questa consegnati i papiri, i disegni dei papiri, le bozze di stampa dei disegni, i documenti dell'archivio dell'Officina.


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Papiri
Sepolti sotto una coltre di materiale lavico ad una profondità di circa 25 m e sottoposti ad una temperatura elevatissima, i papiri di Ercolano hanno subìto un processo di combustione che ne ha consentito la conservazione, se pure in una condizione di estrema fragilità.
Riportati alla luce tra l'ottobre del 1752 e l'agosto del 1754, durante lo scavo della villa nota come 'Villa dei Papiri' oppure come 'Villa dei Pisoni' dal nome del presunto proprietario Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, furono sottoposti ai primi infelici tentativi di svolgimento, tra i quali ricordiamo quello del principe di San Severo, che si servì del mercurio. Dal Paderni, direttore del Museo Ercolanese in Portici, furono tagliati con i coltelli in due semicilindri e svuotati del midollo, così da conservarne solo la parte più esterna, comunemente detta 'scorza'. In fine fu ideata dal padre scolopio Antonio Piaggio, già restauratore di materiale antico presso la Biblioteca Vaticana, la famosa macchina - o mobile di trazione - di cui si conserva in sezione un esemplare ottocentesco. Grazie ad essa il foglio che si andava man mano staccando, rinforzato con una sottile pellicola di battiloro ricavata dalla vescica di porco o di pecora, era tenuto in trazione con fili di seta legati ai ganci posti nella struttura superiore. Il metodo del Piaggio è rimasto in uso fino agli inizi di questo secolo.
Negli anni recenti, dal 1984, è stato utilizzato dall'équipe norvegese guidata da Knut Kleve il metodo - ora sospeso per consentire un bilancio dei risultati conseguiti in tanti anni di attività - basato sull'uso di una colla di gelatina ed acido acetico in proporzione variabile in rapporto al grado di carbonizzazione del papiro. Le varie fasi dell'operazione sono accompagnate da riprese fotografiche che documentano la posizione originaria dei pezzi.
I rotoli aperti hanno restituito testi greci a noi non pervenuti attraverso la tradizione manoscritta medievale: in primo luogo l'opera cardine di Epicuro Sulla natura, il corpus delle opere di Filodemo di Gadara, cui si deve la formazione della biblioteca ercolanese, di altri filosofi epicurei come Demetrio Lacone, Polistrato, Carneisco, Colote e Metrodoro entrambi di Lampsaco, e dello stoico Crisippo. Poche sono le opere in lingua latina, di natura più varia per la presenza di commedie, opere storiografiche, testi politici e giuridici.
Amico dei maggiori poeti dell'età augustea ed autore di eleganti epigrammi, Filodemo favorì con il suo insegnamento la diffusione della dottrina epicurea nella società romana.


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Disegni
I disegni rappresentano la trascrizione facsimilare delle colonne e dei frammenti di scrittura dei papiri svolti con il metodo del Piaggio: restituiscono infatti l'immagine di ciascuna colonna o di ciascun frammento completa delle lacune e degli spazi bianchi. Incisi su matrici in rame, essi furono pubblicati nelle due raccolte degli Herculanensium voluminum quae supersunt, apparse rispettivamente negli anni 1793-1855 e 1862-1876. I disegni rivestono un ruolo particolarmente significativo per lo studio e l'edizione dei testi traditi. Registrano infatti lettere o porzioni di testo andate perdute negli originali a causa del processo di lento ma inesorabile deperimento, dovuto allo stato di carbonizzazione della materia papiracea. Talora corrispondono a strati di papiro andati distrutti nelle operazioni di apertura e di cui costituiscono l'unica testimonianza. In tal caso, e laddove il testo abbia un senso ben definito, alla lezione degli apografi viene attribuito lo stesso valore che a quella degli originali.


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Fotografia digitale
Al disegno si è fatto ricorso fino al 1916. Già nel 1914 per la pubblicazione del primo volume della Collectio tertia - rimasto unico - si fece ricorso alla più moderna tecnica fotografica, con l'auspicio di risultati pienamente fedeli all'originale. Obiettivo questo perseguito attraverso successive sperimentazioni fino alla versione digitale di recente realizzata con risultati davvero pregevoli. L'individuazione di tracce di scrittura o addirittura di intere lettere non visibili ad occhio nudo, così importanti per il ripristino della lectio esatta, è una chiara prova delle possibilità di ottimizzazione della lettura dei papiri offerte dalla ripresa digitale.
Dopo un approccio sperimentale nel marzo del 1999, Steven W. Booras dell'ISPART (Institute for the Study and the Preservation of Ancient Religious Texts, accreditato nel settore per aver già applicato la tecnica multispettrale ai rotoli carbonizzati di Petra), e David R. Seely della Brigham Young University di Provo (Utah), a seguito di convenzione con la Biblioteca Nazionale nel febbraio 2000, hanno realizzato il progetto di digitalizzazione dei preziosi manoscritti rinvenuti ad Ercolano.
Per le riprese, effettuate dal team dell'ISPART nella sede dell'Officina in due tempi, nel primo semestre dei 2000 e successivamente nei primi mesi dei 2002, è stata utilizzata una camera digitale Kodak 6.2e 2k x 3k, opportunamente modificata e corredata di un disco con filtri da 400 a 950 nanometri, inserito tra la camera e l'obiettivo. Regolabile manualmente su otto posizioni, esso ha consentito la ricerca della banda spettrale più idonea a far risaltare le informazioni veicolate dal supporto carbonizzato. Le immagini migliori sono state ottenute nella banda dei vicino infrarosso (950-1000 nm). Circa il 90% dei papiri ercolanesi ha risposto positivamente con questa visuale; solo il 2% è stato ripreso con filtro posizionato a 400 nm. Per le luci, fissate ai quattro angoli in modo da evitare i riflessi dovuti alla superficie riflettente dei supporto carbonizzato, si è fatto ricorso al sistema Dedolight di produzione tedesca.
Oggi l'Officina dispone di un archivio di 364 CD-ROM, contenente le immagini multispettrali di 965 papiri, per un totale di oltre 30.000 immagini in formato TIFF dell'intera raccolta dei papiri svolti sia con il metodo Piaggio che con il metodo osloense.
L'ottimizzazione dei livello di leggibilità dei manoscritto ha costituito fin dal primo momento l'obiettivo principale dei progetto. Si trattava di superare il problema dell'alto grado di difficoltà conseguente allo scarsità di contrasto tra la fibra scura dei supporto e il nero dell'inchiostro. Il problema, che è comune a tutti i materiali papiracei carbonizzati, risulta più arduo nel caso dei papiri ercolanesi a causa dei differente grado di carbonizzazione e dei differente colore esistente non solo tra i diversi rotoli ma anche tra le diverse parti di uno stesso rotolo.
Un limite alla piena cattura delle informazioni era posto dalle condizioni peculiari dei papiri ercolanesi, che presentano una superficie non liscia, bensì corrugata da pieghe e grinzosità in cui si incuneano lettere o parti di lettere visibili solo con la lettura autoptica. Tuttavia, i risultati raggiunti sono scientificamente rilevanti. Il potenziamento dei segni deboli, l'impressione di segni non visibili ad occhio nudo, la possibilità di manipolare le immagini multispettrali con l'ausilio di Adobe Photoshop, hanno consentito cospicui progressi nella lettura e decifrazione dei testi, aprendo nuovi orizzonti allo studio di frammenti ritenuti da sempre illeggibili. Per la prima volta lo studioso ha a disposizione un valido strumento di integrazione conoscitiva e, tutto sommato, fatto salvo il necessario lavoro di lettura, collazione e verifica sugli originali, anche di consultazione a distanza. Come è stato giustamente osservato la situazione ideale è per lui potere leggere il papiro con a fianco il proprio computer e l'ausilio delle immagini multispettrali.
Non trascurabili appaiono infine i risultati conseguiti sul piano della conservazione. Da un lato si registra una limitazione dei rischi connessi all'uso dei materiali - basti pensare alle possibilità di riproduzione senza dovere ricorrere agli originali -; dall'altro si dispone di immagini di sicurezza che garantiscono contro la perdita di segni dovuta al lento ma inevitabile processo di deperimento dei papiri ercolanesi, già lamentato in tanta documentazione dei secoli XIX e XX.


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Archivio storico dell'Officina dei Papiri
L'Archivio, organizzato in tre serie - dei documenti, degli inventari, cataloghi, registri, e delle illustrazioni dei papiri - ha una consistenza di circa 4500 pezzi datati tra il 1756 ed il 1910. Documentando l'attività degli interpreti, degli svolgitori e dei vari operatori, oltre che la ricerca delle misure più idonee alla conservazione dei papiri o le problematiche relative alla riproduzione fotografica, esso da un lato offre un sostanziale contributo alla conoscenza della storia dei papiri e dell'Officina, dall'altro fornisce, attraverso il corpo delle illustrazioni, ulteriori elementi di indagine per lo studio dei testi.


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Raccolta libraria
La raccolta libraria, il cui nucleo originario risale agli inizi del '900, deve la sua formazione alle esigenze del papirologo impegnato nella difficile lettura dei testi ercolanesi di disporre di adeguati strumenti bibliografici. Essa si è nel tempo ampliata estendendo la propria sfera di interessi agli studi papirologici in genere. Pertanto accanto alle edizioni dei papiri ercolanesi troviamo quelle delle altre raccolte conservate presso musei, biblioteche, istituti universitari italiani e stranieri, così come gli studi paleografici e biblioteconomici sui papiri di Ercolano si affiancano ai manuali di papirologia e di paleografia ed alle monografie sulla tecniche librarie dell'antichità. E' possibile la ricerca bibliografica in SBN.

Nella sezione Percorsi bibliografici: Apri la pagina collegata I papiri ercolanesi: libri "antiquiores" in biblioteca


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