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Leggere per immagini


Biblioteca Nazionale di Napoli, Sala Rari
Lunedì 14 novembre 2005, ore 16.30

Leggere per immagini, copertina

presentazione del libro

Leggere per immagini
Edizioni napoletane illustrate della Biblioteca Nazionale di Napoli
Secoli XVI e XVII

Coordinamento e saggio introduttivo: Paola Zito

(I Quaderni della Biblioteca Nazionale di Napoli: Serie IX - n. 7)


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Emblema di Bellerofonte, 1650

Intervengono

Marcello Andria
Titta Fiore
Nicola Spinosa
Mauro Giancaspro

Emblema dell'Orologio, 1650

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Riportiamo di seguito il testo di presentazione del direttore della Biblioteca Nazionale Mauro Giancaspro:

Guarda solo le figure

Il Demetrio, 1651“Guarda solo le figure” è espressione ricorrente, per lo più dispregiativa, che risale ai tempi dell’infanzia dell’attuale generazione dei cinquantenni, quando la lettura era per lo più fastidiosa imposizione scolastica o familiare. Chi non aveva una spiccata predisposizione per i percorsi attraverso le parole scritte, comprese talvolta quelle striminzite ed essenziali delle nuvolette dei fumetti, ne veniva colpito, come da un proiettile, a breve o lunga distanza, lanciato da un coetaneo con tendenze da primo della classe o dai fratelli maggiori più diligenti che spesso hanno imperversato nelle famiglie.
Oggi, col trionfo dell’immagine che scavalca la difficoltà del multilinguismo, necessario almeno ai libretti d’istruzione della esuberante utensileria moderna, l’espressione ha perso il suo mordente offensivo e ci riduciamo, pur di non affrontare traduzioni nella nostra lingua, talvolta così maldestre da rendere più abbordabile il dilagante inglese, a ragionare come analfabeti per immagini. D’altro canto, la scarsa attenzione al libro che le statistiche e i censimenti ci sottolineano con crescente malinconia renderebbe incoraggiante un’espressione del genere, trasformandola dalla constatazione di un tempo presente all’incoraggiamento di  un imperativo - “Guarda solo le figure!” - sottintendendo un taciuto “Sarebbe già tanto”.
Ma anche l’immagine e la figura stampata sembrano avere i giorni contati, schiacciate dall’avvento della fagocitante necessità di far presto, di servirsi di sbrigativi codici alfanumerici e del bisogno di far muovere tutto, compresa l’immagine di un monaco del medioevo, catturato da un manoscritto e messo a fare il cartone animato in un programma multimediale nel quale un impercettibile clic del mouse ci sciorina una sventagliata di icone che, volendo, possiamo allargare.  Viene la sensazione che questi spettacolari programmi che sfogliano le pagine con una velocità innaturale e che ci danno la possibilità di ingrandire o rimpicciolire tutto a piacimento, rischiano di farci perdere quell’unità fisica tra scrittura e immagine che ha connotato parte non irrilevante della storia del libro.
Difficile è sempre stato il rapporto fra testo scritto e immagine da quando i due elementi hanno cercato di fondersi; dal tempo – citiamo per passione personale - dell’incunabolo forse più amato dai bibliofili, Il sogno di Polifilo. Difficoltà innanzitutto economiche, di volta in volta contenute dal progresso tecnico dalla xilografia alla calcografia, dalla litografia alla tipolitografia, alla composizione elettronica, fino alle mostruosità del virtuale. Difficoltà di interazione e integrazione dell’immagine col testo scritto, dalla più completa  sottomissione esplicativa dell’una all’altro, come itinerario parallelo, o dal vago riferimento al titolo o all’argomento del libro, col ricorso ad allegorie, a simbolismi, ad analogie, fino alla più svincolata autonomia dal contenuto con mera funzione ornamentale del volume.
Una proposta, il catalogo di oggi come la mostra a suo tempo allestita per favorire la riconquista del rapporto, ora simbiotico, ora parallelo, ora addirittura estraneo, tra scrittura e immagine; per ridare vita alla funzione emozionale dell’immagine che predispone benevolmente alla lettura offrendosi in esordio con un frontespizio illustrato o un’antiporta; per sorprendere occhieggiando tra pagina e pagina, alleggerendo il peso della scrittura; per offrire, infine, un’ ulteriore alternativa e una più forte sorpresa dipanandosi via via che la mano del lettore distende una tavola ripiegata.Il genio bellicoso, 1694
Ad una città che ha sempre goduto della possibilità di raccontarsi e di rappresentarsi, attraverso i suoi descrittori, i suoi topografi, i suoi pittori,  non poteva mancare una tradizione di artefici delle immagini che nel periodo preso in esame  (1503 – 1700)  può vantare una tradizione cospicua e numerosa. Tradizione che se non può certo competere, come nel catalogo è precisato con sincera chiarezza, con quelle coeve della tipografia romana e veneziana, ha certamente al suo attivo una varietà di indirizzi, di tipologie, di soluzioni compositive, di modelli, se volete, di bizzarrie,  delle quali è data notizia  attraverso le millequattordici schede di questa pubblicazione.
E davvero si può dire che nell’apparato iconografico di questo libro ce n’è per tutti i gusti e per tutte le esigenze di ricerca. I cacciatori di simboli avranno di che indagare e scrutare tra animali rampanti, teschi, frutta, cuori e fiamme. Il blasonato potrà scrutare da monogrammi e quarti di stemmi che si richiamano l’uno con l’altro recuperando i rami più antichi della propria ascendenza o prendere segreta consapevolezza di un’illusoria convinzione araldica. Il biografo potrà probabilmente recuperare il ritratto che gli era sfuggito. Il religioso scoprirà percorsi cosmogonici e allegorici insospettati. Processioni, trionfi, caroselli, parate, effimeri allestimenti festivi, si abbinano a raffigurazioni esplicative di complessi processi scientifici, medici o alchemici, e si alternano con vedute cittadine, con gli apparati illustrativi di un’ampia manualistica che va da quella più scientificamente impegnata della ricerca medica, zoologica, geografica a quella più leggera e disimpegnata delle guide all’equitazione e alla scherma. Mitologia classica, prosopografia cristiana e cattolica, edificazione religiosa, anatomia, arte della guerra, geografia e cosmografia, sono argomenti che hanno mobilitato la fantasia e la capacità tecnica dei 112 artefici delle immagini dei quali sono ricostruite biografia e opera. Un catalogo tutto da godere, tutto insidiato da tentazioni che potranno portare il lettore a rivedere ,o vedere meglio e direttamente nelle sale di lettura della Biblioteca Nazionale di Napoli quelle immagini, per riscoprire che non c’è niente di male a guardare solo le figure, anzi c’è tutto da godere e da stupirsi.

Mauro Giancaspro

Castel dell'Ovo, 1526

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