|
Biblioteca
Nazionale, Sala Leopardi, 16 marzo>16 aprile
2005
Guardati
a vista
Percorso di simulazione
di lettura
di Annamaria Bova
mostra
a cura di Annamaria Orsini Cammarata
catalogo a cura di Fabio Donato
Orario
di apertura:
lunedì-venerdì, ore 16-19; su richiesta
per gruppi nelle ore antipomeridiane
Per
informazioni:URP-Ufficio
per le Relazioni con il Pubblico,
tel: 081-7819-231,
e-mail: [email protected]
|
Dal
catalogo della mostra, il testo di presentazione di Mauro
Giancaspro
Vi
sarà capitato d’essere presi dal sonno, a tradimento,
per stanchezza o per noia, nel bel mezzo di una lettura. Avete
sentito le palpebre appesantirsi, avete visto la scrittura
sbiadirsi, le lettere prendere la forma di una ringhiera
dalle maglie tutte uguali; ma avete reagito tirando un respiro
profondo e avete rimesso a fuoco le lettere. Poi, improvvisamente,
vi siete svegliati, nel letto o in poltrona; qualcuno vi
ha amorevolmente sfilato gli occhiali; il libro, allentata
la presa delle mani, è caduto a terra.
Ma se, addormentandovi improvvisamente per effetto di un
arcano sortilegio, foste stati voi a cadere nel libro? Cosa
mai sarebbe potuto accadervi? Vi sareste risvegliati, non
più nel letto o in poltrona ma tra le righe della
scrittura, in una selva di lettere gigantesche. Proviamo a immaginare.
Siete stati trasferiti in una dimensione nella quale non avreste mai pensato
di poter essere; in un ambiente fantastico, di sogno o, se volte, di incubo.
Potremmo definirlo “Dimensione libro”. Un po’ di spavento
sulle prime, poi, immediamente, lo stupore e la meraviglia.
Le lettere hanno preso lentamente corpo; le parole sono diventate oggetti,
luoghi, personaggi che danno vita alla storia creata dallo scrittore.
Non hanno più bisogno d’essere letti: vivono. D’accordo; non è per
voi una novità assoluta. Quante volte, sulla spinta emozionale della
lettura è stata la vostra fantasia a creare paesaggi, ritratti, animali
fantastici, mostri, personaggi bizzarri, panorami mozzafiato?
Siete, dunque, coscienti di essere all’interno di un libro.
Vi adattate, piano piano, alla nuova fiabesca realtà; vi ci ambientate
a meraviglia; alla fine vi divertite. Che emozione trovarvi fianco a fianco
con personaggi dei quali sapete tutto da tempo, Robin Hood, Sandokan,
Holden, Bube! E vedere, come fossero proprio davanti a voi, città,
foreste, fiumi, montagne, deserti, manieri. Vi abituate ben presto a
vivere in diretta, da spettatori, vicende che avete già seguito in una
prospettiva diversa, dall’esterno, leggendole. Diventate, insomma,
personaggio di un racconto che tante volte avete riletto.
Ma sopraggiunge un nuovo sgomento; improvvisamente avvertite la sensazione,
che si trasforma ben presto in certezza, che qualcuno vi stia osservando.
Dal basso della pagina dove vi trovate levate lo sguardo verso l’alto; distinguete
mille occhi e mille lenti che guardano proprio voi; vi seguono con attenzione;
vi spiano; vi scrutano; vi leggono. È la prima volta che andate transitando
dalla condizione abituale di soggetti lettori in quella di oggetti di
lettura. Da osservatori siete diventati osservati.
Molti di voi potrebbero obiettare di non essersi mai trovati in una situazione
del genere; di non essersi mai addormentati nel corso di una lettura;
di non aver mai letto con trasporto tale da cadere, o da credere di essere
caduti nel bel mezzo di un racconto; di non aver mai convissuto, fianco
a fianco, con i beniamini dei vostri romanzi; di non aver mai smesso i
panni di colui che legge per prendere quelli di chi viene letto; di non aver
mai sperimentato, insomma, le suggestioni di una condizione fiabesca
del genere.
Perché non provarla, allora, questa sensazione? Perché non fare
un esperimento, mettendovi nei panni dei personaggi dei vostri racconti
più amati?
La Sala Leopardi della Biblioteca Nazionale di Napoli a tale scopo è diventata un
libro, un libro gigantesco pieno di pagine bianche tra le quali è possibile
entrare per diventare oggetto di lettura. Un libro senza scrittura nel quale
proprio voi potreste creare una storia.
Appena varcata la soglia della Sala-libro, troverete mille occhi e mille
lenti pronte a guardarvi, a leggervi. Sono le nuove creazioni
di Anna Maria Bova. La loro fisionomia sfugge ad ogni precisa definizione;
sono, ad un tempo, quadri-sculture, steli, tabelle, pannelli, monoliti,
sipari; tempestati tutti di occhi di cristallo dagli iridi di mille
colori e di lentichiare e scure, concave e convesse, neutre e graduate, sottili
e spesse, tonde, ovali, quadrate. Quasi totem che mimano l’atto
del leggere.
Siete, dunque, in una mostra nella quale diventate oggetti di osservazione.
Non guarderete, ma sarete Guardati a vista.
Movendovi nelle sale-pagine scoprirete, incombenti su di voi, angolo
dopo angolo, ambiente dopo ambiente, nuovi lettori, diversi, fatti solo di
occhi e di lenti che implacabilmente vi puntano. Inizierà,
allora, un percorso di lettura nel quale il rapporto letto-lettore appare
capovolto.
Anna Maria Bova non ha adoperato gli strumenti usuali dell’ottico
come elemento decorativo per descrivere, per raccontare, per creare disegni
inusuali. Non ha fatto ricorso al materiale ottico per proporlo
come metafora; lo offre, piuttosto, come sineddoche grafica. Una parte
per il tutto; una parte per l’insieme complesso dell’atto del guardare.
Occhi di cristallo e lenti a rappresentare il vedere e il leggere. Sono
loro che, in mostra, guardano; guardano voi che vi aggirate nella Sala Leopardi. Si
serrano così tra loro in cortine dominate da un vero e proprio horror
vacui o si affiancano, quasi minacciosi, l’uno all’altro.
Altrove si diradano, fondendosi con piante, monti, luoghi, qualche volta nascondendosi
tra essi; diventano soli, lune, astri, lampioni.
Vi incontrerete e vi scontrerete, dunque, con essi; vi accorgerete che
sfruttando riflessi imprevisti alcuni sembreranno ammiccare, quasi complici
e benevoli; altri assumeranno l’aspetto di uno sguardo torvo e
risentito; altri ancora appariranno tristi e rammaricati; altri, infine, sembreranno
sorvegliarvi. Forse risveglieranno qualche memoria sopita. Ricorderete
la lunga attesa, di sera sul marciapiede della stazione, e l’improvviso
apparire dal buio dei due occhi luminosi e penetranti di un locomotore. Ricorderete
i riflessi del sole sulle lenti nere di un vecchio suonatore di clarinetto
lungo la ripida discesa che portava alla villa comunale. Ricorderete il luccichio
di frammentati di sole nei residui di pioggia sulla strada percorsa
da scuola a casa saltando con allegria tra le pozzanghere. Ricorderete gli
occhiali di un arcigno e antipatico professore universitario dietro i
quali le pupille erano solo immaginabili.
Acquisteranno, queste lenti e questi occhi di cristallo, la immobile fissità dello
sguardo di chi è concentrato con trasporto nella lettura, di chi
osserva con attenzione la reazione alchemica in corso in un alambicco, di chi
scruta con teatrale curiosità in una sfera di cristallo, di chi controlla
con severità complicati pannelli elettronici.
Non guarderete, ma sarete guardati a vista.
Alla fine, uscendo dalla Sala Leopardi, dopo aver misurato il vostro sguardo
con quello delle sculture e dei pannelli osservatori, vi scoprirete lettori
nuovi, con inaspettate e insospettate possibilità di approccio con i
vostri personali libri. Nutrirete probabilmente più simpatia per
i vostri beniamini, per il capitano Achab, per Emma Bovary, per mastro Don
Gesualdo, per il signor K. Tornerete, forse, a leggere le loro storie; vi sentirete
trasportati da un nuovo empito di solidarietà perché avrete finalmente
vissuto l’angoscia, il timore, il piacere di chi è messo in un
libro da uno scrittore a subire un processo di lettura. Tra chi legge e chi è letto
ci sarà, dopo aver percorso l’itinerario visivo di Anna Maria
Bova, un nuovo rapporto di intesa e di complicità.
Vien fatto di pensare che anche un solo pannello e una sola scultura posta
nel vostro ambiente domestico delegato alla lettura – il salotto,
lo studio, il tinello - anche svincolato dalle suggestioni d’insieme
dell’installazione della Sala Leopardi, potrà seguirvi; quando
sarete alle prese con il vostro racconto, con il vostro romanzo, con la vostra
poesia si annullerà la differenza tra chi legge e chi è letto. Forse
leggerete di più e con più trasporto; forse frequenterete con
più assiduità una biblioteca.
Mauro
Giancaspro